"Maffeo Vegio"

LODI

corso sperimentale linguistico

1994/95

VOCI DELLA MEMORIA

da Auschwitz a Sarajevo

a cura della classe 3ª G

Aiardi Katia

Bianchi Valentina

Bocchiola Barbara

Borsotti Gaia

Brunofero Flora

Carraro Greta

Casorati Valentina

Coviello Roberta

Farina Paola

Forti Roberta

Garioni Valentina

Gentili Laura

Griffini Vera

Menicatti Viviana

Patroni Alice

Pezzoni Martina

Pisatti Elisabetta

Pozzi Valentina

Raimondi Silvia

Rezzani Elisabetta

Riolfi Giorgia

Sfogliarini Milena

Sordi Guendalina

Stangoni Alessandra

Stella Paola

Tacchinardi Thea

Tosini Francesca

 

coordinamento

Pietro Sarzana

Cinquantennale della Resistenza e della guerra di Liberazione

1945-1995

agli uomini alle donne

che hanno resistito

VOCI DELLA MEMORIA

da Auschwitz a Sarajevo

PROGETTO

Chi (protagonisti)

La classe 3^G del corso linguistico, per un totale di 27 studenti e l’intero consiglio di classe, che si è reso disponibile all’iniziativa e ha collaborato al reperimento e utilizzo del materiale; in particolare: Pietro Sarzana (docente di italiano), Silvie Carrara (docente di francese), Luigina Barbieri (docente di storia), Giuseppina Coscia (docente di religione), Peter Herrbeck (docente di madrelingua tedesca), Cinzia Monticelli (docente di matematica).

Il progetto Voci della memoria è stato inoltre inserito come modulo del "Progetto Giovani" 1994/95: vi hanno collaborato le classi 3ª F, 3ª G, 3ª I.

Cosa (oggetto)

Video che presenta sinteticamente le vicende degli ebrei e degli altri internati nei Lager nazisti, ma anche la drammatica situazione dei campi di concentramento recentemente aperti nell’ex-Jugoslavia, in base alle testimonianze dirette e indirette raccolte dai gruppi di lavoro.

Le fonti sono state corredate da immagini scelte nell’ambito di materiali d’archivio, dossier televisivi, quotidiani, periodici e volumi dedicati all’argomento. Tali fonti, preliminarmente fatte oggetto di analisi testuale e di contestualizzazione storica, sono state raccolte in un dossier di carattere documentario, complementare al video.

Perché (obiettivi)

Come (compiti)

per la classe.

Quando (tempi)

L’anno scolastico 1994/95. Alcune ore settimanali sono state concesse dai docenti nell’ambito del loro orario di cattedra. Sono stati utilizzati quattro mesi di lavoro per la prima fase di ricerca che è confluita nella produzione del videofilmato nel mese di aprile 1995; nel mese successivo è stato realizzato il dossier.

Nel mese di febbraio si sono svolti tre incontri pomeridiani afferenti il percorso:

  1. La deportazione nel Lodigiano (Gianfranco Mariconti, membro dell’aned di Milano);

  2. Storia e memoria: memoria come radice e come spina (Ercole Ongaro, docente di storia e autore del volume Guerra e Resistenza nel Lodigiano 1940-1945, 1994);

  3. La Resistenza nel Lodigiano (Edgardo Alboni, presidente dell’anpi di Lodi).

Nel mese di marzo, nell’ambito delle celebrazioni per il Cinquantennale della Resistenza, alcune alunne hanno partecipato all’incontro:

Le donne tra antifascismo e Resistenza (Lucia Motti, Società Italiana delle Storiche).

Forme di verifica

La verifica è stata attuata dai singoli docenti nell’ambito del proprio insegnamento e dal consiglio di classe nelle apposite riunioni. La valutazione è ampiamente positiva, in quanto ha suscitato un reale interesse delle alunne, abituandole a lavorare positivamente in gruppo, a riorganizzare le conoscenze e le competenze, a unire le forze per la realizzazione di un progetto comune.

Ricaduta

Ci si augura che il lavoro possa rendere le alunne più mature criticamente e consapevoli della storia che sta immediatamente alle nostre spalle e davanti ai nostri occhi; è anche attesa una maturazione nei rapporti interpersonali all’interno della classe e un’apertura maggiore al mondo esterno, con una crescita dell’accettazione del diverso e dell’estraneo.

Il dossier, il videofilmato, la sezione libraria e la bibliografia costantemente aggiornata potranno servire anche nei prossimi anni scolastici a tutte le classi dell’Istituto, in particolare alle quinte, per approfondire questo fondamentale argomento.

Il coordinatore del progetto di classe

Pietro Sarzana

Lodi, 25 aprile 1995

La memoria è conoscenza

la conoscenza è libertà.

Ricordare le ingiustizie di ieri per capire

i pericoli di oggi.

ANED 1995

Gli ebrei dalla Diaspora allo sterminio

Dopo la distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. gli ebrei si dispersero nel mondo. Con l'editto di Costantino (313) cominciò ad affermarsi la concezione della diaspora come castigo conseguente al deicidio e si diffusero atteggiamenti ostili nei confronti degli ebrei, che per tutto il Medio Evo rappresentarono le vittime innocenti su cui poter sfogare il proprio malessere senza rischiare né reazioni né punizioni. Così quando negli anni Trenta Hitler prese a perseguitare gli ebrei, in sostanza non inventò nulla di nuovo; nuovo fu però il carattere sistematico che il Führer diede alle persecuzioni e il fatto che esse furono presentate per la prima volta come obiettivo del programma di un partito politico. Chiunque voglia avere un’idea dell'antisemitismo di Hitler deve solo sfogliare il Mein Kampf, un libro che rivela una vera ossessione verso gli ebrei, ritenuti i principali responsabili di tutti i mali della Germania. Con questi argomenti Hitler ebbe una presa immediata sulla maggioranza dei tedeschi, i quali ritrovarono un'unità creandosi un nemico immaginario su cui sfogare il loro odio. Ora la sconfitta militare, l’umiliazione dell'esercito, la disoccupazione e la fame potevano finalmente avere un volto e un nome.

Date queste premesse, non c'è da meravigliarsi se i primi provvedimenti contro gli ebrei tedeschi furono adottati solo due mesi dopo l'avvento di Hitler al potere. Seguirono altre disposizioni che nel giro di pochi anni finirono per escludere tutti i non tedeschi da ogni settore della vita pubblica. Il più feroce documento legislativo è rappresentato dalle leggi di Norimberga, le quali vietavano ogni tipo di relazione sessuale tra tedeschi ed ebrei: anche un semplice saluto, un bacio o una carezza erano più che sufficienti per la consumazione del reato. Nacque quindi il concetto di "contaminazione razziale".

Nel settembre 1939 comincia la guerra tra la Germania e la Polonia: situato tra la Russia e la Germania, questo Paese era sempre stato mercanteggiato tra i Paesi confinanti. La guerra dura solo tre o quattro settimane: ma già dopo due giorni Varsavia viene evacuata e iniziano ad affluirvi i profughi occidentali. All'epoca in Polonia risiedevano circa tre milioni e mezzo di ebrei, 350.000 solo in Varsavia. Il regime di terrore introdotto dai tedeschi era spaventoso: i soldati picchiavano la gente per strada senza motivo; il loro ideale era quello di ricondurre il popolo tedesco ad una vita superiore senza badare alle ingiustizie perpetrate: il risultato finale di una più grande Germania avrebbe giustificato l'uso di certi mezzi.

Quando arrivò la Gestapo apparvero le prime ordinanze con le quali si obbligavano gli ebrei a risiedere in un quartiere separato, il ghetto, all'interno del quale: il ghetto, all'interno del quale gli ebrei cercavano di conservare qualche parvenza di normalità: tenevano concerti, organizzavano comitati culturali, insegnavano a leggere e scrivere ai bambini, poiché le scuole erano proibite. Mancavano i viveri, e quando il ghetto venne chiuso si sviluppò il contrabbando: i bambini uscivano nel settore ariano e portavano un po’ di cibo: per questo ne furono uccisi molti. I tedeschi costituirono un consiglio degli anziani e nominarono presidente l'ex senatore polacco, la cui funzione consisteva nell'occuparsi delle diverse questioni tra il consiglio ebraico e il sindaco, e dei problemi ospedalieri causati soprattutto da epidemie. Quando gli ebrei venivano chiamati nei piazzali di carico delle merci dove partivano i treni per i campi di concentramento, i tedeschi recitavano delle messinscene per mantenere l'ordine del ghetto e per nascondere il vero tragico obiettivo. Questa deportazione veniva diretta in modo tale da mantenere la popolazione nella convinzione che nessuno sarebbe stato mandato alla morte.

La scelta di resistere nacque molto presto: già dall’ottobre 1942 si svilupparono le prime organizzazioni e nel giro di qualche mese nacquero ventidue gruppi di combattimento. Erano male armati perché nel ghetto era molto difficile procurarsi delle armi. Quando i tedeschi occuparono il ghetto, entrarono da parti diverse con carri armati e cannoni, si radunarono su una piazza e vennero assaliti per primi con lanci di bombe a mano e fuoco di fucileria. Incominciarono allora a ritirarsi dando fuoco alle case.

La lotta continuò per quasi tre settimane. Nel frattempo i nazisti deportarono gli ultimi 60.000 ebrei. Al termine della battaglia rimasero quaranta combattenti disperati, che passarono attraverso le fognature nella parte ariana della città per unirsi, nei boschi, con i partigiani. Solo un piccolissimo gruppo sopravvisse all'insurrezione e resistette nelle fogne del ghetto finché giunsero le truppe sovietiche.

LETTERA A UN’AMICA IMMAGINARIA

Anche Anna Frank visse nel Ghetto, nascondendosi per lunghi mesi, finché venne arrestata e internata ad Auschwitz, dove morì a quindici anni nell’aprile marzo del 1945, insieme con la sorella Margot.

Come Anna, anche Zlata Filipovic ha scritto un diario circa la sua esperienza durante la guerra: nata a Sarajevo nel 1986, dopo due anni tragici vissuti nell’angoscia della città bombardata, si è trasferita a Parigi, in cerca di serenità.

Anna e Zlata, due ragazze così diverse: di età diverse, di religioni diverse, vissute in periodi diversi; lontane quindi, ma vicine e strettamente legate per due motivi molto importanti. Uno è quello di aver visto due guerre, seppur combattute per motivi differenti, ma ugualmente atroci e ingiustificate; l'altro di aver confidato le proprie riflessioni sulla realtà che si poneva loro davanti, le proprie paure e aspettative per il domani a un diario, rivolgendosi ad un interlocutore fidato inesistente.

La prima, ebrea, vissuta durante la seconda guerra mondiale, descrive con una sensibilità poetica che traspare delicatamente dai suoi testi le situazioni familiari comuni, rimanda sempre alla paura di essere scoperta, vivendo da clandestina ad Amsterdam, e di non poter più godere tali momenti semplicemente e serenamente. Parlando di tutto ciò a un'amica immaginaria, ella sottolinea la gravità e il peso della guerra per una persona che, appartenente suo malgrado a quella razza che al tempo era considerata la peggiore e che doveva essere distrutta, porta avanti una meditazione personale e profonda su ciò che la guerra significa per lei.

La seconda, musulmana, nata nel 1980, ha vissuto una lotta, quella serbo-bosniaca, che impressiona anche noi, esterni al tormento delle popolazioni che vedono ogni giorno davanti ai loro occhi la morte. Anche lei come Anna consegna a un'amica immaginaria di nome Milly la cronaca di giornate profondamente mutate: le notti passate in cantina, l'esplodere delle granate, le raffiche dei cecchini, le case in fiamme, gli amici uccisi. Parole che urlano contro l'ingiustizia di un conflitto brutale che le ha distrutto l'infanzia.

Questa voglia di vivere che entrambe, pur ragazzine, avevano nel loro animo prima dello scoppio della guerra , si è spento quando hanno cominciato ad affrontare situazioni tragiche, troppo dolorose ed aspre per giovani donne che vivono il periodo più delicato ed importante della loro vita, l'adolescenza, e che si vedono passare il tempo fra le mani, incapaci di crescere, senza poter dire basta all'ignoranza delle persone che combattono.

A questo proposito ricordiamo una frase di Zlata: "Cara Mimmy, ti ricordi il 2 maggio del ‘92 ? Il giorno più infernale di questa vita così agra ? Spesso mi dico che forse non è stato il giorno più spaventoso, ma è stato il primo di una lunga serie, e quindi me lo ricordo come il peggiore". Un’altra del 29 giugno 1992 dice: "Cara Mimmy, NOIA, SPARI, GRANATE, MORTI, DISPERAZIONE, FAME, DOLORE, PAURA ! Questa è la mia vita, la vita di un'innocente ragazzina di 11 anni, una bambina della guerra, una bambina senza infanzia ! Non potrò mai tornare ad essere una bambina normale, la guerra mi ha portato via tutto, perché !? Sono disperata !"

Anna, cinquant’anni prima, scriveva nel suo diario il 15 luglio 1944 : "Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l'avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini: eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l'ordine, la pace, la serenità. Intanto debbo conservare intatti i miei ideali: verrà un tempo in cui saranno forse ancora attuabili".

È questa la voce fiduciosa e serena di chi è riuscito a superare, con la bontà e il coraggio, la barriera del male.

Anna, la maggior parte delle volte speranzosa e fiduciosa verso il futuro, non avrebbe mai creduto di finire la sua vita nella disperazione di un Lager nazista. Zlata, invece, forse più reale e tormentata nelle sue pagine, vive grazie a coloro che, avendo imparato il vero